Fake-book

fakebook by rebelx

Facebook ha recentemente depositato presso la SEC, United States Securities and Exchange Commission, i primi risultati finanziari che l’azienda, per essere quotata in borsa, è tenuta a presentare.

Questi dati sono corredati anche da un censimento aggiornato, effettuato sulla popolazione del social network di Palo Alto, che ha rivelato il numero reale e totale di utenti presenti all’interno dell’universo in blu: sono 955 milioni le persone registrate e attive ogni mese, di cui 543 milioni scelgono l’accesso tramite piattaforme mobile.

Fin qui nulla di strano, dal momento che ormai cifre così spropositate contraddistinguono il social network di Mark Zuckerberg da diverso tempo e sono decisamente rientrate nella ‘normalità’. Peccato, però, che questi dati siano contaminati da una dose massiccia e determinante di profili fasulli.

Sono infatti le stesse stime depositate da Facebook a parlare di un aumento imponente di profili fake realizzati e gestiti all’interno del social network, per un totale che si assesta attorno alla strabiliante quota di 83 milioni, quasi l’8,7% degli utenti attivi ogni mese (numero peraltro decisamente in crescita rispetto all’anno precedente, in cui si sono registrati solo la metà di falsi profili, per un totale stimato tra i 40 e i 50 milioni).

Facebook per calcolare questa stima ha considerato e coinvolto all’interno del report tutti i profili considerati completamente fasulli, più che altro per scopi ‘goliardici’, ma anche tutti gli account duplicati, ovvero tutti quelli di persone che ne possiedono più di uno (uno dedicato ad amici e familiari e l’altro a colleghi e professionisti) e che corrispondono al 4,8% del totale. Inoltre ha valutato anche tutti quelli che appartengono alla categoria sbagliata, come quelli di aziende o negozi, magari perché nati quando ancora non esistevano le pagine ad essi dedicati (2,4%) e persino i falsi account indesiderati, creati solamente per scopi di spam o simili (1,5%).

Big F, così potremmo chiamarlo, conta un numero maggiore di iscritti (ovvero di profili fake) nei Paesi in via di sviluppo, specialmente in Asia e in Medio Oriente, mentre in altri Paesi come gli Stati Uniti, l’Europa o l’Australia, registra dati decisamente sotto la media sotto questo profilo, forse giustificati da una maggiore conoscenza o abitudine, ad utilizzare strumenti come questi, che induce a sfruttarli secondo quelle che sono le norme di comportamento corrette previste dal provider del servizio.

Ciò che appare più evidente, comunque, è la scelta di Facebook, totalmente da apprezzare, di pubblicare con assoluta trasparenza queste informazioni che, almeno in parte potrebbero anche riuscire a danneggiare la propria piattaforma, se non altro dal punto di vista della reputazione. In realtà, la stima di questi dati è sempre e comunque influenzata da altre dinamiche, come l’uso dei bot, del cui utilizzo è stata accusata proprio la società di Mark Zuckerberg, spinta dallo scopo di gonfiare il traffico all’interno della propria rete.

Personalmente queste diatribe non mi riguardano, quello che mi auguro invece è che presto anche tutti gli altri social network sulla cresta dell’onda del web decidano di affidarsi a una linea di trasparenza simile a questa e di pubblicare a loro volta tutti i dati che li riguardano.

 

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